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60 ANNI DELLA LIPU: GIORGIO PUNZO, FULCO PRATESI E DANILO MAINARDI "DIVENTANO" CICOGNE

Per il sessantesimo anniversario dell'associazione, 16 pulli di cicogna bianca, inanellati e dotati di Gps dai volontari della Lipu Calabria e dai tecnici di Ispra, sono stati battezzati con i nomi di alcuni dei protagonisti della storia dell'Upupa.  
"Voleranno per migliaia di chilometri, facendo la spola tra Africa e Italia,
e ci faranno comprendere di più sulle abitudini di questa splendida specie".

 

Si chiameranno Giorgio, come Giorgio Punzo, il fondatore della Lipu nel 1965; Fulco, come Fulco Pratesi; Danilo, come Danilo Mainardi (entrambi presidenti dell'Upupa); Longino, come Longino Contoli, tra i primissimi scienziati dell'associazione. E ancora Marta (Fabris) e Michele (Camperchioli), i primi due volontari della storia della Lipu, proprietari della primissima sede al quartiere Balduina di Roma, dove ancora vivono; Robin e Ian, rispettivamente Chanter e Greenless, gli inglesi a capo della Lipu nella lunga parentesi del British Institute di Firenze. E poi il presidente Ermanno (Rizzardi), il vicepresidente Giuliano (Bianchi), a lungo avvocato della Lipu, il leader della Lipu inglese Roger (Jordan), Marilù (Urban), storica delegata marchigiana e vicepresidente negli anni Novanta, Paola (Quartini), guardia venatoria e zoofila di Genoa uccisa mentre effettuava un controllo. E infine Patrizia (Rossi), che contribuì a fondare il settore Agricoltura della Lipu, Davide (Barcellone), compianto responsabile dell'Oasi Arcola e Massimo (Soldarini), scomparso lo scorso anno, per 40 anni volontario, consigliere e poi responsabile dei Progetti e del Volontariato della Lipu.

Porteranno i nomi di alcuni dei protagonisti della storia della Lipu, giunta a celebrare il 60esimo anniversario, i 16 pulli di cicogna bianca inanellati e dotati di Gps dai tecnici dell'Ispra e dai volontari della Lipu Calabria, nell'ambito del progetto Cicogna bianca Calabria, avviato nel 2003 con il supporto di e-distribuzione per favorire il ritorno e la nidificazione della specie nella regione. Il progetto ha portato, in questi oltre vent'anni, alla nascita di più di 1.000 cicogne e all’inanellamento, dal 2019 a oggi, di 140 pulli. 

Per secoli perseguitata dalle comunità umane e scomparsa nel Medioevo dal nostro Paese, la cicogna bianca è tornata progressivamente a popolare l'Italia a partire dagli anni Sessanta del Novecento e si è diffusa in molte regioni grazie a progetti di reintroduzione e di nidificazione su piattaforme artificiali. Oggi la presenza italiana della specie, il cui stato resta tuttavia inadeguato, conta tra le 320 e le 330 coppie, tra le quali 38 proprio in Calabria.

"Sono nomi molto importanti, quelli che abbiamo scelto per i 16 pulcini calabresi di cicogna bianca - afferma Alessandro Polinori, presidente della Lipu - in rappresentanza delle innumerevoli persone che hanno arricchito di intelligenza, cuore e azione questi primi sessant'anni della nostra storia. Le piccole cicogne così battezzate, se tutto va come deve, voleranno per migliaia di chilometri tra Africa e Italia e ritorno, ogni primavera e autunno, portando con sé la bellezza della natura, l'importanza scientifica della raccolta dati ma anche il rischio che ogni viaggio di migrazione comporta, tra fatica, difficoltà meteo, barriere naturali e antropiche, perdita di habitat e caccia illegale. È un rischio che i "nomi" della Lipu correrebbero volentieri, nella speranza che il viaggio degli uccelli migratori sia reso sempre più sicuro".

 "La migrazione della cicogna bianca - aggiunge Marco Gustin, responsabile Specie e ricerca della Lipu - è un evento noto da tempo per le popolazioni che nidificano nel nord Europa. Nel nostro continente esiste quasi un confine netto tra gli individui che scelgono la rotta occidentale, che li porterà in Africa attraverso lo stretto di Gibilterra, e altri che, al contrario, scelgono la rotta opposta che li porterà a raggiungere l'Africa attraverso il Bosforo. Oggi sappiamo abbastanza bene ciò che fanno le cicogne nel nord Italia, anche grazie al Centro Cicogne di Racconigi, ma ancora poco delle cicogne bianche che nidificano in Italia meridionale, Calabria compresa. L'applicazione di Gps a base satellitare sulle giovani cicogne calabresi ci permetterà di colmare questo gap conoscitivo"

"Il Progetto ‘Cicogna bianca Calabria’ – informa Roberto Santopaolo, responsabile del progetto - grazie all’installazione di oltre 100 nidi artificiali in collaborazione con e-distribuzione, ha permesso alla specie di tornare a nidificare stabilmente in Calabria, dopo un'assenza di oltre mezzo secolo. Al progetto abbiamo abbinato l'iniziativa ‘Un nome per la Cicogna’, che coinvolge le persone nel sentire le cicogne ancora più vicine, affiancando la componente emotiva ed educativa a quella scientifica dell'inanellamento. Per i 60 anni della Lipu abbiamo fatto un passo in più, legando a questa splendida specie una parte fondamentale della storia della nostra Associazione". 

 

 

29 maggio 2025

Storie di anelli colorati: al via in Calabria un progetto di inanellamento scientifico per la tutela del fratino

 COMUNICATO STAMPA

 

Storie di anelli colorati: al via in Calabria un progetto di inanellamento scientifico

per la tutela del Fratino

 

È ufficialmente partito in Calabria un progetto di monitoraggio e inanellamento scientifico del Fratino (Charadrius alexandrinus), una delle specie simbolo delle nostre coste sabbiose e tra le più minacciate dall’alterazione degli habitat naturali. L’iniziativa, condotta nel pieno rispetto dei protocolli ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), rappresenta un passo fondamentale per raccogliere dati utili alla tutela di questa specie vulnerabile.

Il progetto ha preso il via il 6 maggio a Punta Alice, sulla costa ionica, dove è stato inanellato il primo pullo di fratino mai marcato in Calabria. A questo si è aggiunto, nei giorni successivi, i primi inanellamenti di due femmine adulte, la prima nel comune di Crotone e la seconda in quella di Crosia in provincia di Cosenza. A portare avanti le operazioni di inanellamento sono Mario Pucci e Rosario Balestrieri, inanellatori riconosciuti ISPRA, con il coordinamento di Roberto Santopaolo, delegato Lipu Rende e responsabile del Progetto Fratino Calabria, e di Giorgio Berardi, delegato Lipu Calabria e consigliere nazionale della Lipu. Il progetto è inoltre sostenuto dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Amendolara, dove opera lo stesso Rosario Balestrieri e dalle associazioni AUSER Senza Barriere di Ardore (RC) e La Rete di Squillace (CZ).

Grazie all’applicazione di piccoli anelli dotati di codici alfanumerici univoci sulle zampe degli uccelli, sarà possibile raccogliere dati preziosi sulla biologia e sull’ecologia della specie: dove trascorrono l’inverno i fratini che nidificano sulle spiagge calabresi? Quali rotte migratorie percorrono? Tornano ogni anno negli stessi siti? E quanto a lungo vivono? Lo studio permetterà di rispondere a queste e a molte altre domande, contribuendo in modo concreto alla conservazione della specie e degli habitat costieri a cui è strettamente legata.

In questa prima fase, l’attenzione sarà rivolta principalmente alle femmine adulte, più facilmente rintracciabili durante la cova diurna. A rendere ancora più speciale l’iniziativa è la scelta simbolica di assegnare agli individui inanellati dei nomi ispirati a figure della scienza, uomini e donne che si sono distinti in ambito ecologico e nella conservazione della natura. Le prime ad essere “battezzate” saranno le femmine, e ad aprire la lista sarà Rachel Carson, pioniera dell’ambientalismo moderno e autrice del celebre Primavera silenziosa.

“Aver inanellato il primo fratino in Calabria, e per di più una specie rara ed elusiva, è un’esperienza unica che mi ha emozionato e arricchito professionalmente” sostiene Mario Pucci, inanellatore Ispra e volontario Lipu.

 

L’inanellamento in Calabria rappresenta una novità assoluta per la regione e si affianca alle attività già portate avanti dal Gruppo Lipu Fratino Calabria, che dal 2019 monitora le zone costiere della regione e lavora attivamente per il rinvenimento dei nidi e la protezione delle covate. Non di meno è l’opera di informazione e sensibilizzazione rivolta alle amministrazioni pubbliche, e i comuni in particolare, per trasmettere il valore della presenza del fratino sul proprio territorio e il conseguente rispetto dei divieti sulle spiagge. 

“Le spiagge sabbiose, habitat elettivi del fratino, sono ecosistemi fragili e delicati, facciamo appello ai comuni e alle istituzioni preposte affinché possano collaborare con noi nella gestione di questi ambienti - spiega Roberto Santopaolo - è questo il primo passo per garantire un luogo sicuro e protetto al fratino. Siamo in contatto con i sindaci e amministratori di alcuni comuni calabresi per l’approvazione di una cosiddetta Delibera Salvafratino così da mettere in pratica le azioni di salvaguardia su questa specie”, continua ancora Santopaolo.

Anche quest’anno sono stati rilevati nuovi nidi e sono attese ulteriori schiuse da qui al termine della stagione riproduttiva dei fratini. Purtroppo, restano elevati i rischi legati alle attività antropiche: transito illegale di fuoristrada in spiaggia, pulizia meccanica della costa, forme di turismo balneare poco rispettose e presenza di cani vaganti mettono in pericolo uova e nuovi nati, e alterano l’equilibrio già fragile degli ecosistemi costieri.

Il progetto di inanellamento scientifico vuole dunque essere non solo uno strumento di ricerca, ma anche un ponte tra scienza, conservazione e consapevolezza pubblica.

Ogni anello applicato sulla zampa di un fratino renderà quell’individuo riconoscibile nel tempo, permettendoci di seguirne la vita stagione dopo stagione: sapremo se tornerà a nidificare negli stessi luoghi, quali sfide affronterà e se si fermerà in Calabria anche per trascorrere l’inverno. Ogni anello racconterà così una storia unica, fatta di migrazioni, successi (o insuccessi) riproduttivi e tanta tenacia.

I fratini rappresentano infatti, insieme ai corrieri piccoli, gli ultimi uccelli costieri che nidificano tra le nostre spiagge. Sono sentinelle silenziose impegnate nell’ultima difesa dei residui tratti costieri rimasti naturali e selvaggi, contro l’avanzare inarrestabile di ombrelloni e cemento. E anche per questo, ogni nome scelto sarà un omaggio simbolico alla natura e a chi ha dedicato la propria esistenza a proteggerla.

LA PULIZIA MECCANICA NELL'ALVEO DEL BUSENTO DISTRUGGE LA VEGETAZIONE RIPARIALE E LE NIDIFICAZIONI DEGLI UCCELLI

COMUNICATO STAMPA

Ancora una volta, su segnalazione di alcuni cittadini, interveniamo su una problematica assai diffusa quanto discutibile che è la pulizia meccanica di fiumi e torrenti. A farne le conseguenze è di nuovo il tratto cittadino del Busento sino alla confluenza con il Crati.

Non si capisce come, dei lavori di pulitura di un alveo fluviale, evidentemente per liberarlo anche da plastica o altri materiali di rifiuto, vengano eseguiti con mezzi meccanici facendo tabula rasa di tutto, compresa la vegetazione ripariale. Arbusti sradicati, argini dissestati, un intero ecosistema distrutto, trasformato, banalizzato!

Per comprendere appieno il danno che interventi del genere causano sull’ambiente, bisogna avere maggiore consapevolezza su quelle che sono le funzioni che la vegetazione ripariale svolge lungo fiumi, torrenti e canali.

La Natura non fa nulla per caso: la presenza di vegetazione ripariale svolge un ruolo fondamentale ed insostituibile nel consolidamento delle sponde riducendone l’erosione e regimando il deflusso delle acque con conseguente riduzione della velocità dell’acqua stessa.

L’ombreggiatura della vegetazione ha inoltre ricadute positive sul microclima e sulle caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua migliorandone anche la qualità.

Fiumi, torrenti e vegetazione annessa rappresentano degli importanti corridoi naturalistici di collegamento tra diverse tipologie di ambienti, all’interno dei quali, la fauna può facilmente spostarsi.

La vegetazione ripariale costituisce pertanto un insostituibile ambiente di vita per un gran numero di specie animali, tra cui diverse specie di uccelli, mammiferi, anfibi e rettili, tutelati a livello regionale, nazionale e comunitario.

Citate sinteticamente le funzioni svolte dalla vegetazione lungo i corsi d’acqua non è neanche troppo difficile immaginare quale siano le conseguenze ambientali quando questa viene eliminata.

In ogni caso, oltre ai danni agli habitat e alla biodiversità, interventi del genere non portano benefici in termini di sicurezza idraulica, se l’intento degli amministratori o degli enti gestori è questa. Infatti, la pulizia di fiumi e torrenti, anziché ridurre i pericoli provocati dalle piene, ottiene proprio l’effetto contrario. La massa d’acqua dovrebbe essere rallentata nella sua corsa verso valle in modo da ridurne la forza distruttiva e di diluirla nel tempo, invece eliminando alberi e arbusti la velocità di deflusso viene aumentata, cosa che naturalmente ne incrementa la pericolosità.

In questo modo si favoriscono ulteriormente disastri come quelli che, a causa dei cambiamenti climatici, hanno colpito sempre più di frequente l’Italia e purtroppo anche la Calabria.

A questo bisogna anche aggiungere i costi economici, non indifferenti, per realizzare questi inutili quanto pericolosi interventi.

Tra l’altro in questo periodo molte specie di uccelli, sia passeriformi che acquatici, sono in fase di nidificazione per cui eliminando la vegetazione si distruggono anche i nidi e le intere nidiate e questo è in contrasto con tutte le direttive nazionali ed europee, Direttiva Habitat, Direttiva Uccelli, Legge 157/92.

Anche le popolazioni di pesci e anfibi subiscono gravissimi danni in seguito a questi interventi che portano ad una variazione del microclima, soprattutto in estate.

Per tutti questi validi motivi, nonché per le normative citate, chiediamo al Sindaco Caruso e alla sua Giunta (a cui invieremo materiale scientifico a sostegno di una corretta gestione della vegetazione ripariale) di sospendere immediatamente questi interventi così come concepiti e di continuare la pulizia, se proprio necessaria, in modalità manuale, molto più rispettosa dell’esigenze ecologiche della fauna e dei delicati equilibri dell’alveo dei fiumi.

I fiumi in città e la fauna ad essi collegati sono molto importanti e svolgono un ruolo fondamentale per gli animali, come lo sono le strade, i ponti e le piazze per gli umani. Non ci sogneremmo mai di togliere l’asfalto dalle strade, i giunti da un ponte, l’illuminazione da una piazza. Perché allora privare la fauna di elementi naturali fondamentali alla loro sopravvivenza?

Restiamo altresì disponibili ad un incontro con il sindaco Caruso per trovare delle azioni che possano portare ad una soluzione condivisa.

 

Sezione provinciale Lipu di Rende

Coordinamento regionale Lipu

 

 

Impianto Eolico Bruzio -Rischi per la biodiversità

Foto da web

Il Coordinamento Regionale Lipu Odv e la Delegazione Provinciale di Rende, presentano delle osservazioni al procedimento di valutazione di impatto ambientale avviato dal Ministero della transizione ecologica su richiesta dalla società RWE RENEWABLES ITALIA S.R.L, utile alla realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica di tipo eolico denominato “Bruzio”, della potenza nominale di 70 MW, costituito da 10 generatori eolici aventi una potenza unitaria di 7,0 MW, 200 m di  altezza e un diametro del rotore di 170 m, da realizzarsi nei Comuni di San Fili, San Lucido, Marano Principato e Cerisano (CS).

Per l’associazione ambientalista la localizzazione dell’impianto, pur non ricadendo all’interno di aree protette, rientra in un corridoio faunistico di pregio, interessato da rotte migratorie di varie specie di avifauna di medio/grandi dimensioni, quali i veleggiatori (tra cui rapaci, avvoltoi, cicogne e gru), molto vulnerabili al rischio di collisione proprio per la tecnica di volo utilizzata e, particolarmente protette sia da norme comunitarie che nazionali.

Le torri, con la loro elevata altezza (200 metri) poste in posizione panoramica sul crinale della Catena costiera, creerebbero inoltre un impatto visivo fortemente deturpante per il paesaggio. L’impianto sarebbe visibile sia dalla valle del Crati che dalla Costa tirrenica, da gran parte della provincia di Cosenza e anche da molti territori delle province di Catanzaro e Vibo Valentia.

Per di più il territorio in questione, Catena Costiera Paolana, è stato inserito fra i corridoi ecologici regionali con DGR 759/2003, ed è da considerarsi parte integrante della rete regionale della biodiversità, in quanto trattasi di un sistema montuoso di collegamento ecologico funzionale tra l’altopiano Silano e i Monti dell’Orsomarso (Parco Nazionale del Pollino).

L’area è da considerarsi ad alta valenza naturalistica, quindi, non idonea ad ospitare un impianto eolico di tali dimensioni.

La Lipu sottolinea inoltre, che ritiene necessaria la transizione energetica ma ricorda, che il raggiungimento degli obiettivi per l’energia rinnovabile stabiliti dal PNIEC e dai pacchetti Fit for 55 e Repower UE, non possono essere raggiunti senza l’opportuna tutela degli habitat naturali caratteristici e delle specie faunistiche presenti e, senza che si tenga conto delle esigenze del patrimonio culturale e soprattutto del patrimonio paesaggistico, inteso anche in senso ecologico/biofisico e dunque relativo alla conservazione della biodiversità (articolo 20 comma 3, decreto legislativo n.199/2021).

Per tali ragioni e al fine di evitare gravi incongruenze, errori e i danni degli anni scorsi in termini d’impatto su natura e paesaggio, chiediamo agli organi regionali preposti, di accelerare l’iter previsto dal decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica “Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili” del 21 giugno 2024 (Gazzetta ufficiale n. 153 del 2 luglio 2024), utile ad individuare le aree idonee e non idonee per lo sviluppo degli impianti eolici, secondo i “principi e criteri omogenei” indicati dallo stesso decreto e di utilizzare, come strumento di pianificazione, anche le “Mappe di Sensibilità per gli uccelli” fornite dalla Lipu ai dipartimenti regionali competenti a luglio 2024, riferite sia al territorio terrestre che all’ambiente marino, elaborate da un team di lavoro internazionale composto da: BirdLife International, Lipu, Otop ed Ispra.  

 

IL 30 GENNAIO CHIUDE LA CACCIA IN CALABRIA, IL BILANCIO DEGLI AMBIENTALISTI

COMUNICATO STAMPA

Giovedì 30 gennaio si chiude la caccia in Calabria (abbattimenti di cinghiali a parte), dopo una lunga stagione che si è aperta, in anticipo come al solito, ai primi di settembre e che ha visto la Regione schierarsi apertamente dalla parte dei cacciatori.

Infatti, dopo l’immancabile preapertura settembrina (con i pulcini di colombaccio ancora nel nido), lo si era visto ancora con il prolungamento delle battute al cinghiale di un altro mese, per poi dare vita ad un autentico pasticcio relativo alla mancata sospensione della caccia al 9 gennaio a tre specie di tordi, per come era stato chiaramente stabilito da una sentenza del TAR del novembre scorso in seguito al ricorso delle associazioni WWF, LIPU e ENPA.

La stessa regione infatti, in maniera a dir poco incauta, con un subdolo comunicato stampa aveva cercato di sfruttare ad uso e consumo dei patiti degli spiedi di Tordi, le recenti modifiche dell’articolo 18 della legge 157/92 in sede di approvazione della legge di Bilancio. Ebbene, nonostante altre due ordinanze del Consiglio di Stato a favore delle associazioni ambientaliste e quella dello stesso TAR Calabria che nuovamente aveva ribadito l’esecutività della chiusura anticipata al 9 gennaio, la Regione, come se nulla fosse, non ha dato nessun seguito alle determinazioni dei giudici, alla stregua di carta straccia.  Da sottolineare che in altre due occasioni (Umbria e Marche) i TAR si erano espressi in maniera analoga, così come ha fatto l’avvocatura regionale delle Marche, con le regioni che si erano opportunamente adeguate, a differenza della Calabria, alle decisioni dei giudici amministrativi.

Un atteggiamento, quello calabrese, arrogante e del tutto irresponsabile, tanto da spingere  il presidente del Wwf, Luciano Di Tizio, sostenuto da Lipu ed Enpa, a inviare una lettera al ministro all’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin , diffidando il Presidente della Regione Calabria e invitandolo” ad adottare ogni misura idonea a comunicare la vigenza del regime di divieto dell’attività venatoria alle specie tordo bottaccio, tordo sassello e cesena, in coerenza con quanto disposto dalla magistratura amministrativa”. In caso contrario, le associazioni si riservano di adire le competenti autorità giudiziarie e di segnalare la situazione alla Corte dei Conti per la verifica di eventuali profili di responsabilità amministrativa e contabile, tenuto conto del danno ambientale ed erariale già realizzatosi a causa della illegittima prosecuzione dell’attività venatoria a partire dal 10 gennaio”.

Tutto ciò accade in un territorio, quale quello calabrese, afflitto da una cronica e preoccupante carenza di vigilanza venatoria: un autentico incentivo alle attività di bracconaggio. Da parte nostra continueremo, come sempre, a vigilare e a denunciare tutti i pericoli e le minacce che incombono non solo sulla fauna selvatica, ma su tutto il territorio regionale. Dall’inquinamento marino e dei corsi d’acqua, alla cementificazione delle coste, dalla tutela della flora spontanea, alla difesa del nostro patrimonio boschivo ecc. ecc.

Per questo, e per mille altre ragioni, restituiamo ai cacciatori il richiamo, a mo’ di alibi puerile, all’esistenza di problemi ambientali più grandi a cui noi dovremmo badare. Quegli stessi problemi che loro forse pensano di risolvere sparando ai tordi (e non solo).

 

WWF Calabria, LIPU Calabria, ENPA Calabria

 

 

 

 

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